Un crine liscio e nero m'inquieta il cuor, la sclera degli occhi mi fa sentir al freddo come quegli spifferi invernali che passano sotto le porte.
Di bassa statura, un naso incurvato a ricordar il suo passato da goffa pallavolista, ride poco Lei.
"Oh!", mi disse un giorno, "stupido orto sterile". Sterile, orrenda parola che sporcava i valori più sacri della mia infanzia e mi spogliava delle mie prime illusioni, a me care sopra ogni cosa.
Lasciavo cosi quel cosmo, terra natale di famosi compositori pregno di antiche tradizioni; ero pronta, credendo di abbracciarne uno nuovo, sublime da lontano rozzo da vicino.
Adesso che son passati gli anni la guardo dall'altra parte della tavola da pranzo, con gli occhi di chi sciupa la vita come un tovagliolo dopo il pasto.
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